Guariti ma “schedati”: il diritto all’oblio dei dati per i pazienti oncologici

L’importanza di non identificare le persone con la malattia che hanno o che hanno avuto: la mobilitazione per il diritto all’oblio dei malati oncologici guariti.

Negli ultimi anni, coloro sono guariti da una patologia oncologica hanno evidenziato l’esigenza di non essere identificati per tutta la vita con la malattia stessa.  Si tratta di un tema sensibile e molto più impattante di quanto si possa pensare. In Italia, sono circa un milione le persone guarite da un tumore e che non necessitano più di trattamenti, con un’aspettativa di vita simile a tutti gli altri. Nonostante siano guariti da anni, per la legge sono ancora malati e, per questo motivo, limitati e penalizzati in molti aspetti della vita quotidiana. Ad esempio, possono avere difficoltà ad accendere un mutuo o un prestito, a stipulare un’assicurazione, a adottare un bambino. La condizione di malati, seppure superata, resta legata al loro nome negli anni. Diverse associazioni si battono da tempo per distinguere la persona dalla malattia che ha o che ha avuto, in modo da consentire a chi ha già affrontato un difficile percorso di riabilitazione un pieno ritorno ad una vita normale.

Ogni neoplasia richiede tempi di guarigione diversi, per questo è importante affrontare il tema seguendo anche i progressi della medicina, che oggi permettono di guarire o cronicizzare molte patologie oncologiche. In Italia anche le istituzioni si stanno muovendo, come già avvenuto in altre nazioni europee, per consentire a queste persone di non essere obbligate a dichiarare informazioni su una malattia ormai guarita. L’obiettivo, che diverse associazioni perseguono da tempo, è di portare alla deindicizzazione del paziente oncologico, per evitare di trasformare il tumore in una colpa.

Affrontare il tema del diritto all’oblio non è semplice. Le implicazioni etiche, la vasta legislazione e le sfumature nell’interpretazione ed applicazione, ne rendono particolarmente ostica la trattazione.

In termini più ampi, il diritto all’oblio è un’esigenza che nasce nel secolo scorso, quando il diritto di cronaca e le nuove tecnologie hanno fatto scaturire di contro un “diritto ad essere dimenticati”.

Si tratta di un diritto per cui una persona fisica (non una società o un’azienda) può ottenere dal titolare del trattamento la cancellazione dei dati personali che lo riguardano. Non si tratta però di un diritto assoluto, in quanto devono essere salvaguardati il rispetto della sfera privata, la libertà di espressione e il dovere d’informazione e di memoria.

Da un punto di vista normativo, il riferimento è il GDPR (Regolamento Ue 2016/679, aggiornato con rettifiche del maggio 2018), in particolare nell’art. 17.

La norma contempla diverse casistiche per cui l’interessato possa richiedere la cancellazione dei dati personali, ad esempio, nel momento in cui non siano più necessari rispetto alle finalità per le quali sono stati raccolti oppure in caso di revoca del consenso al loro trattamento, cercando, allo stesso tempo, di tutelare il diritto alla libertà di espressione e di informazione e l’archiviazione per pubblico interesse, per fini storici e/o di ricerca.

Nel caso specifico dei pazienti oncologici, il legislatore è chiamato a ricercare un bilanciamento tra le effettive necessità di riabilitazione di coloro che hanno avuto una malattia debilitante e il loro diritto a vivere una vita non condizionata dall’ombra della malattia.